Ciudad Juárez,il doppio crimine contro le donne.
Nel 1983, un decennio prima che questa città acquistasse notorietà internazionale per la storia dei femminicidi e della sparizione delle donne, la società juarense fu scossa dal caso di Cynthia Liliana González Rivero, una bambina sequestrata, violentata e assassinata, con particolare sadismo.
L'ufficio della Procura Generale dello Stato, a capo del quale vi era Toribio Porras Villegas, volle chiudere il caso sbrigativamente ed accusò Lucas Juárez Lozano, operaio edile,del delitto senza che vi fossero prove concrete. Lucas Juárez Lozano fu condannato a 35 anni di carcere sulla base di una sola testimonianza fatta sotto pressione e tortura.
La stampa e la cittadinanza di Juarez si convinsero che si trattava di un "capro espiatorio". Nel 1986 il governatore del PRI,Fernando Baeza Meléndez ordinò l'indulto per Juárez Lozano. Tra l'opinione pubblica prevalse l'idea che i veri responsabili fossero "diversi giovani", figli di personaggi influenti in politica e in economia di Ciudad Juárez.
Nessunò li indagò. Il giudice che condannò Juárez Lozano era José Chávez Aragón.Per i suoi buoni servizi, ascese a giudice della Seconda Camera Penale e divenne tra il 2004 e il 2007,presidente della Corte Suprema dello Stato di Chihuahua.
La catena di impunità iniziata nel 1993 è arrivata fino al 2010 con il caso di Rubí Marisol Freyre, una ragazza di 17 anni, assassinata a Chihuahua nel 2008. L'ombra del giudice Chávez Aragón era presente in questo omicidio.
Nel maggio del 2010 i giudici Catalina Ochoa Contreras, Nezahualcóyotl Zúñiga Vázquez e Rafael Baudib Jurado, quest'ultimo protetto da Chávez Aragón, lasciarono libero il reo confesso dell'assassinio di Rubì,Rafael Barraza Bocanegra.
" E come se avessero ucciso due volte mia figlia" affermò Marisela Escobedo quando ebbe notizia della scarcerazione dell'ex fidanzato della figlia. Marisela Escobedo non fidandosi della Procura di Stato investigò per proprio conto, trovando e dichiarando l'indirizzo di Barraza Bocanegra a Fresnillo, Zacatecas.
Accusò la magistratura, la procuratrice statale Patricia González e il governatore César Duarte di far parte di una rete di complicità che protegge i veri colpevoli dei femminicidi.
Diede vita inoltre ad una protesta senza precedenti contro il Palazzo del Governo di Chihuahua. Fu lì che il 17 dicembre del 2010, un uomo le sparò a bruciapelo in testa. Il video dell'esecuzione ha fatto il giro del mondo.
Sei mesi dopo l'assassinio di Marisela, la sua memoria stringe una società castigata dalla paura e dall'impunità. " mai avrei immaginato che avrei dovuto consegnare ai figli, il corpo di una madre. E' stata la prima volta in dieci anni" dichiarò Norma Ledezma, durante l'iniziativa il Dialogo per la Pace, guidata da Javier Sicilia,che sosteneva i familiari delle vittime, davanti a Felipe Calderón, il 23 giugno del 2011, in Castillo de Chapultepec.
La figlia di Ledezma, Paloma Angélica Escobar Ledezma, scomparve a soli 16 anni nel marzo del 2002. Lavorava come operaia nella fabbrica ( maquiladora) Aerotec e studiava alla scuola di informatica,Ecco.
Una settimana dopo, il suo corpo fu trovato in un torrente vicino alla strada di Aldana. Accusarono l'ex fidanzato Vicente Cárdenas Anchondo. Ma le prove sembravano fabbricate per incolparlo.
Gli attivisti dei diritti umani, così come i parenti delle vittime dell'ondata di violenza che affligge il Messico, sanno bene che in due decenni di femminicidi a Ciudad Juárez, l'impunità e la costruzione di colpevoli sono una costante.
Lunedì scorso, Ledezma ha annunciato che " davanti all'indolenza dello Stato e dell'insensibilità di fronte al nostro dolore" il caso della figlia arriverà davanti alla Corte Interamericana dei Diritti Umani.
Cifre nere e falsi colpevoli.
La fabbricazione di colpevoli va di pari passo con l'aumento dei femminicidi e sparizione di donne. Dal 1° gennaio del 1993 al 30 giugno del 2010 sono 887 le vittime del femminicidio a Ciudad Juárez, secondo il computo della ricercatrice del Collegio della Frontiera Nord, Julia Monárrez, che ha monitorato in modo tempestivo i casi. L'associazione Nuestras Hijas de Regreso a Casa enumera 42 giovani donne scomparse solo tra il 2008 e il 2009.
Da una ricerca emerografica ,Norma Ledezma, ha dichiarato che nel primo semestre del 2011 sono stati commessi 187 femminicidi nello Stato,di cui 117 a Ciudad Juárez.
Il caso più documentato di fabbricazione di un colpevole è quello di Edgar Alvarez Cruz, un operaio edile, migrante messicano che viveva a Denver, Colorado e al quale furono attribuiti in un primo momento, più di 100 crimini, poi solo 17 ed ora solo l'omicidio di Mayra Juliana Reyes Solís, una delle vittime del campo Algodonero.
Nel rapporto non v'è alcuna prova concreta che lo colleghi a Reyes Solís, ma solo la testimonianza di Jose Francisco Granados de la Paz, un detenuto con problemi di dipendenza e depressione cronica, rinchiuso ad Almoloya.
Nell'agosto del 2006, l'ambasciatore statunietense Antonio Garza avallò la versione che Alvarez Cruz fosse il responsabile di oltre cento crimini e coinvolse il governo degli Stati Uniti nella costruzione di un colpevole nei femminicidi di Juárez.
Dal 2006, Alvarez Cruz resta in carcere a Ciudad Juárez, per scontare una pena di 26 anni, pur essendo stato assolto in primo grado dalla giudice Catalina Ochoa Contreras,la stessa del caso di Rubi Marisol. Il pubblico ministero si è appellato e un'altra giudice Flor Mireya Aguilar l'ha condannato.
" Sono stato condannato per ordine della procuratrice Patricia González”,accusa Alvarez Cruz, intervistato nel carcere di Ciudad Juárez. A sua volta, la moglie María Teresa Peinado Portillo, ha dichiarato che l'ex pm nei casi di femminicidio, Connie Velarde, la psicologa Karina Muriel e il comandante Vidal Barraza minacciarono Edgar Alvarez perché si dichiarasse colpevole.
Intervistata María Teresa Peinado ha dichiarato: " Nessuna delle madri delle vittime accusa Edgar. La mamma di Mayra ( una delle donne trovate morte nel campo di Algodero) la signora Gloria Solis, ha dichiarato che non crede alle indagini che hanno portato alla colpevolezza di mio marito". María Teresa sostiene che le accuse contro il marito sono prive di fondamento, perché quando Mayra fu assassinata, Edgar Alvarez viveva a Denver , in Colorado, ed è comprovato dai pagamenti a lui effettuati come muratore.
"Mi hanno molestata l'ex procuratora Patricia González e la giudice Flor Rocío Munguía González. Sono stata controllata 24 ore al giorno. L'assistente procuratora,María del Pilar Pérez de la Fuente è arrivata a dirmi che Edgar viaggiava da Denver per tutta la notte per commettere i femminicidi a Ciudad Juárez”,racconta María Teresa.
L'interesse a tenere Edgar Alvarez in prigione non è un interesse da poco. Il governo di Chihuahua aveva bisogno di attribuire i femminicidi di Campo Algodonero.
Nel novembre del 2001 in questo terreno abbandonato furono ritrovati otto scheletri, lasciati alle intemperie, fuori dall'Associazione delle Maquiladoras, in una delle zone più frequentate di Ciudad Juárez, a pochi metri dal consolato nordamericano. Secondo gli esperti, la scoperta del campo di algodonero si è trasformata nel caso più emblematico del modus operandi dei femminicidi di almeno 94 donne.
Le autorità coinvolsero come presunti colpevoli alcuni autisti che soprannominarono la Banda degli Autisti. Nel luglio del 2005 è stato rilasciato Víctor García, El Cerillo, che fu accusato insieme a Gustavo González Meza, La Foca, di essere responsabile dei crimini commessi nel campo di algodonero. Alla fine si è provato che sia El Cerillo che La Foca furono torturati affinché si incolpassero. La Foca è stata ucciso in carcere,mentre Víctor García è tornato libero grazie al sostegno delle madri delle vittime del Campo Algodonero.
Accuse
Per quasi due decenni sono stati costruiti molti " capri espiatori" come l'Egiziano, Gli Autisti ed ora Edgar Alvarez, il quale è accusato di far parte della Banda del Carro Rojo (Macchina Rossa),perché si presume che viaggiasse con questo mezzo per commettere gli omicidi.
Torturati, assassinati o rilasciati tardivamente, alla fine tutti questi casi confermano una costante a Ciudad Juárez.
Tra il 1995 e il 1996, quando si commisero svariati crimini con il maggiore sadismo nella storia degli assassini seriali di Juárez, le autorità si inventarono una storia per coinvolgere un cittadino di origine egiziana.
Uno di questi femminicidi è stato quello di Silvia Irene Rivera Morales, giovane studentessa di 17 anni scomparsa il 17 luglio del 1995. La madre,Ramona Morales, denunciò la scomparsa al Pubblico Ministero, ma le autorità le dissero che " forse, sua figlia è con il suo ragazzo o sarà con una sua amica".
Il 9 settembre dello stesso anno, il corpo di Silvia fu trovato insieme a quello di Olga Alicia Carrillo e Rosario García Leal in un terreno abbandonato del Lotto Bravo. I tre corpi presentavano segni di violenza e tortura. L'autopsia rivelò morsi ed amputazioni della mano sinistra e parziale amputazione del capezzolo.
Nella sua testimonianza davanti all'Alto Commissario per i Diritti Umani dell'ONU, nel novembre del 2003,la madre Ramona Morales dichiarò che " gli investigatori trovarono poi un colpevole. L'Egiziano, Latif Sharif Sharif, che era già detenuto per altri presunti omicidi di donne" l'Egiziano fu incolpato di più di sei brutali femminicidi avvenuti in quegli anni.
Tuttavia le prove erano molto deboli: si basavano sulla testimonianza di una persona che aveva sentito gridare il nome di Silvia dall'Egiziano; che l'agenda della ragazza riportava una annotazione con la lettera Sha che "presumibilmente" era l'abbreviazione di Sharif, secondo quanto dissero i funzionari ministeriali.
Un altro caso emblematico è quello di Lilia Alejandra García Andrade. Scomparve il 14 febbraio del 2001 mentre attraversava le strade Ejército Nacional e Carretera Panamericana, una delle zone più frequentate di Ciudad Juárez. Aveva 17 anni, operaia in una maquiladora ( fabbrica) ed era madre di due bambini.
Il giorno dopo,15 febbraio, Norma Andrade mamma di Lilia Alejandra presentò una denuncia per scomparsa. Sei giorni dopo il corpo di Lilia fu trovato in un lotto abbandonatovicino al centro commerciale Soriana. Nuda dalla vita in giù, i segni di torture e violenza sessuale erano evidenti. Le autorità respinsero i dati forniti dall'FBI degli Stati Uniti che indicava la possibile presenza dei narcotrafficanti nella zona dove fu ritrovato il corpo.
Le autorità ministeriali hanno "nascosto" o "confuso" corpi, come ad esempio quello di Verónica Martínez, in modo che la costruzione di un qualche colpevole non si alterasse. Per cinque anni la procura sostenne che uno degli scheletri trovatinel campo di algodonero fosse della Martinez.
Tuttavia,l'indagine preliminare 26449/02 rileva che il corpo di questa ragazza fu trovato realmente nell'asse viale Gabriele, davanti alla fabbrica R.K.A. vicino agli uffici della procura speciale per i femminicidi. Neppure la sua famiglia conosceva il luogo dove fu ritrovata Verónica Martínez. Lo scopo di questo occultamento posto dalle autorità era quello di evitare che la colpevolezza di de La Foca de El Cerillo venisse a cadere.
Sentenza del Campo Algodonero
La scoperta di otto scheletri nel terreno abbandonato conosciuto con il nome di Campo Algodonero, il 6 novembre del 2001,scosse l'opinione pubblica nazionale ed internazionale. La cittadinanza di Juarez notò che il terreno era confinante con il ranch di Jaime Bermúdez Cuarón conosciuto come " il padre dell'industria maquiladora di Juarez" uno dei personaggi che hanno sostenuto Francisco Barrio nell'elezione per la presidenza del Comune,appartenente al PAN (il maggior partito della destra messicana)nel 1983. Il Campo si trova davanti agli uffici dell'Associazione Maquiladora di Ciudad Juarez, un emblema dello sviluppo industriale degli anni Ottanta e ad un centinaio di metri dal consolato statunitense.
Nel novembre del 2001 governava l'esponente del PRI (altro partito di destra)Patricio Martínez. All'interno della procura statale si ipotizzò che la scoperta costituiva un "morbido messaggio" del Cartello di Juarez al governo di Martínez. La ragione: avrebbe appoggiato il soggiorno di Joaquín “El Chapo” Guzmán,che si nascondeva tra le montagne di Chihuahua,dopo la sua spettacolare fuga dalla prigione di Puente Grande, Jalisco.
Le indagini della procura di Stato nel caso di campo algodonero sono la grande prova della negligenza ufficiale e di fabbricazione di colpevoli, secondo il rapporto di Amnesty International,messicana: dieci anni di Sparizioni e Femminicidi a Ciudad Juárez a Chihuahua, pubblicato nell'agosto del 2003.
Questo rapporto è stata la più dura documentazione sulla " inefficienza, negligenza e incapacità delle autorità messicane" nell'investigare le sparizioni e i femminicidi di bambine e giovani donne nella frontiera chihuauense.Il rapporto documentò fino a 370 omicidi di donne di Juarez.
Sei anni più tardi nel novembre del 2009, la Corte Interamericana emise la sentenza " González e le altre contro gli Stati Uniti del Messico" meglio conosciuta come il caso di Campo Algodonero. La sentenza si è basata su tre degli otto degli scheletri ritrovati: Laura Berenice Ramos Monárrez, Claudia Ivette González ed Esmeralda Herrera Monreal.
La sentenza ordinò 25 misure in materia di risarcimento alle vittime ed ai suoi familiari e fissò un tempo da sei mesi a tre anni, affinché i diversi livelli dello Stato messicano adottassero le seguenti risoluzioni:
Risoluzione 12: Indagare e punire i responsabili materiali e i mandanti della scomparsa, abusi e privazione della vita delle giovani.
Risoluzione 13: Indagare e punire i funzionari pubblici che commisero irregolarità nelle indagini.
Risoluzione 14: Indagare e punire i funzionari pubblici che minacciarono e vessarono le famiglie Monárrez ed Herrera”.
Risoluzione 24: Lo Stato deve offrire aiuto medico, psicologico o psichiatrico gratuito alle vittime.
Un rapporto preliminare sul rispetto di tale sentenza,elaborato il 30 maggio del 2011 e indirizzato a Pablo Saavedra Alesandri, Segretario della Corte Interamericana dei Diritti Umani avverte che " ad un anno dalla sentenza solo una Risoluzione è stata rispettata: la numero 25 relativa all'indennizzo".
Per quanto riguarda l'indagine e la punizione dei funzionari accusati di irregolarità, il rapporto avverte che la Procura Generale di Chihuahua ha appena iniziato un procedimento per la responsabilità amministrativa contro " sei dipendenti pubblici" e " in due casi gli ufficiali sono stati esonerati, mentre in altri due casi, si è adottata l'interdizione per un anno dalle pubbliche funzioni e di due anni per una funzionaria".
Il Rapporto al quale ha avuto accesso il quotidiano 'Proceso' accusa: "le autorità statali non hanno un chiaro impegno né intenzione di indagare e punire questi funzionari pubblici che hanno violato i diritti umani delle vittime e dei loro familiari". Ha inoltre chiesto di punire 36 funzionari , ma " nessuno di loro ha o ha avuto relazione con le indagini e le violazioni in questo caso".
Per l'Associazione Nazionale dei Giuristi Democratici, la Rete Cittadini di No Violenza e Dignità Umana e il Centro per lo Sviluppo Integrale della Donna, organismi che hanno elaborato questo rapporto è importante che la Corte Interamericana " analizzi la reale intenzione dello Stato (messicano) per la conformità " alla sentenza e soprattutto " la superficialità e la mancanza di serietà con le quali viene presentata l'informazione" legata alla Risoluzione 13.
Peggio ancora, queste associazioni avvertono che " non esiste nessuna diligenza che porti a nuove linee di indagini" in particolare ai veri responsabili dei femminicidi di queste tre ragazze. Sono soltanto un campione dei quasi 900 crimini in due decenni.
Una continua impunità
Lo studio più recente dal titolo " Sistema di Informazione Geografica del Femminicidio" a Ciudad Juárez, realizzato dai ricercator* Julia Monárrez e Luis Cervera avverte che tra il 2006 e il 2008, la crescita dei femminicidi è stata del 584 per cento: sono passati da 19 del 2006 al 111 nel 2008.
Tra il primo gennaio del 1993 e il 30 giugno del 2010 si contano un totale di 887 vittime di cui è stata possibile la localizzazione solamente per 656 di esse. La maggior parte dei crimini sono stati commessi nel Centro storico di Ciudad Juárez “ che presenta una combinazione e partecipazione di luoghi e persone che sono bersagli di questa violenza generata dalla criminalità organizzata" .
Dal 1993 al 2010, la regione è passata da un tasso di 5,19 femminicidi ogni 100mila abitanti ad un tasso medio di 7,79 femminicidi ogni 100mila abitanti. Tuttavia, nel 2008, l'anno più violento, si arrivò a 26,68 femminicidi ogni 100mila abitanti.
Una delle scoperte statistiche più inquietanti di questa ricerca è la registrazione dei casi di femminicidi di " bambine al di sotto dei 6 anni", mentre 41 vittime aveva 17 anni un anno prima della maggiore età. L'età media degli 887 casi è di 26 anni.
Lo studio della Monárrez rileva che 91 vittime " hanno ricevuto 210 diverse aggressioni, tra le quali lo stupro e strangolamenti, così come lo strappo del capezzolo a morsi. Tra il 2008 e il 2010 più del 50.6% dei femminicidi sono stati commessi con armi da fuoco.
Una delle prime conclusioni delle indagini è che dal 2008 si registra a Ciudad Juárez " il maggior numero di omicidi di uomini e donne". Dal 1993 la città " occupa l'attenzione degli organismi internazionali dei diritti umani per la grave e impunita problematica del femminicidio".
Tuttavia, la ricerca sostiene che " esistono altre forme di violenza e altre vittime che rimangono invisibili: le/i giovan* che si trovano coinvolti nella violenza giovanile e le bambine e bambini vittime di abuso emotivo, psicologico, fisico,sessuale ed economico".
E' questo il contesto peggiore della storia dei femminicidi e impunità che lungi dal diminuire, aumentano a Ciudad Juárez.
(traduzione di Lia Di Peri)